venerdì 12 dicembre 2008

L'inizio della largamente preannunciata Fine



Oggi riporto un articolo del blog di Crisis. Mi darete del pessimista, lo so, ma sono davvero convinto che gli ottimisti prenderanno (o è meglio usare il tempo presente?) delle stecche sui denti che non scorderanno mai.

Qualcuno coltiva a Detroit


Una volta, un uomo mi chiese di ricordargli il cruscotto di una Cadillac. Glielo descrissi nei minimi particolari. Aveva la faccia inondata di lacrime. Lacrime di gioia o di nostalgia? Non saprei. Io so solo ricordare. In realtà io non sono altro che un mucchio di rifiuti dove si accumulano i resti rutilanti e vani di una civiltà che è precipitata in un baratro.

L'Abisso di Chicago è un bellissimo racconto di Ray Bradbury, la storia di un vecchio che in una città devastata dall'atomica era l'ultimo custode e narratore dei "bei tempi andati". Ci penso ogni volta che leggo storie su Detroit, di cui parlo spesso qui sul blog.

L'Abisso di Detroit, quello in cui sta sprofondando la città dell'auto, è forse solo il primo di altri che seguiranno. A Detroit ci sono oggi abbastanza aree abbandonate da riempire San Francisco, la gente fugge riducendo la popolazione ad appena 850mila unità. Coalizioni locali promuovono faticosamente la piccola impresa, cercando di riassorbire le migliaia di disoccupati "20 persone alla volta". Ci sono almeno 55 mila lotti vacanti, lasciati incolti e non produttivi.

Così, cominciano ad accadere piccoli miracoli. La gente prende la zappa e coltiva il cibo, seminando fagioli al centro di Motown.

In molte parti di Detroit, su terreni che ospitavano soltanto case oggi crescono zucche, pomodori, peperoni.

La città ha più di 500 orti urbani, e i raccolti vengono venduti ai farmer's market. "Quest'anno il raccolto è andato via velocemente, la gente ha un disperato bisogno di cibo." racconta una delle promotrici di Urban Farming. E la presenza degli orti coltivati aiuta anche a mantenere il valore delle case circostanti.

Chissà cosa sarà di Detroit. Non ci sono bailout che tengano, in disastri come questo. Probabilmente finirà col diventare una città spopolata, ridotta a poche decine di migliaia di persone: Pietro mi ricorda spesso che la stessa cosa accadde a Roma, nel più profondo medioevo. Ma forse quelle poche migliaia riusciranno ad avere una vita buona, sana, sicura e sostenibile. E magari, staranno meglio di tanti altri altrove...

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