lunedì 25 gennaio 2010

Parigi è a Novara.


Riporto un post da Crisis. Disarmante.

E' quasi finito il primo quadrimestre e mio figlio, quinta elementare, in geografia ha studiato solo il Lazio. Ci stanno su da tre mesi. Non ho idea di come faranno a studiare le 19 regioni restanti.

Ilvo Diamanti su Repubblica di oggi racconta che lo studio della geografia praticamente scomparirà dai programmi delle superiori. Lo fa con un articolo che ironizza sul TomTom e lamenta la perdita dell'identità. La Società Geografica Italiana, invece, lancia un disperato appello affinché questa materia non sprofondi nell'oblio, insieme alla capitale della Mongolia e ai fiumi siberiani: e l'appello di questo storico Istituto, fondato nel 1867, colpisce nel segno molto di più.

Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini italiani e del mondo consapevoli, autonomi, responsabili e critici, che sappiano convivere con il loro ambiente e sappiano modificarlo in modo creativo e sostenibile, guardando al futuro.

Consapevoli, autonomi, responsabili e critici? Dio ce ne scampi e liberi, per carità. Molto meglio una mandria di ignoranti che confondono persino le regioni con le città e i Paesi, l'Est e l'Ovest. Parigi è a Novara e la Basilicata sta in Piemonte. Sarà complottismo, ma credo fermamente che tutto ciò sia fatto apposta, in modo da impedire fisicamente ai futuri cittadini una qualsiasi critica della realtà che li circonda. Vivere in uno spazio ignoto, vuoto, indecifrabile significa aver persino timore di azzardarsi ad analizzarlo.

Cancellare la geografia significa anche cancellare la nostra storia. Centinaia di uomini (tra cui molti italiani) sono morti per andare a scoprire come è fatto il mondo, per tracciare una mappa di conoscenza. Un esploratore non ha meno meriti di un filosofo, quando si tratta di illuminare le menti sulla realtà circostante. Come avrete già capito, ho sempre amato la geografia, per me più affascinante della storia.

Non che lo studio della storia, a scuola, sia poi così considerato peraltro. Per continuare con l'esempio che ho sottomano, mio figlio ha nel programma di quinta l'INTERA storia romana, fino alla caduta dell'Impero. Ebbene: non sono neppure ancora arrivati agli etruschi. E perché mai? Perché hanno trascorso quattro mesi a studiare ignote ed insignificanti tribù dell'antica Padania, mai sentite nominare e le cui conquiste di civiltà sono state qualche palafitta, qualche vasetto e un paio di graffiti rupestri (programma ministeriale). Pagine e pagine di capanne padane al posto di Tiberio e Caio Gracco, di Scipione l'Africano e del De Bello Gallico.

E poi dice che non lo fanno apposta.

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